mercoledì 10 maggio 2006

L'ultimo rantolo del dollaro



L'ultimo rantolo del dollaro
di Mike Whitney [10/05/2006]
Fonte:
comedonchisciotte [scheda fonte]


La borsa petrolifera
dell'Iran apre la prossima settimana.

Se un giorno i maggiori
produttori petroliferi del globo chiedessero euro per i loro barili,
"sarebbe l'equivalente finanziario di un attacco nucleare" (Bill
O'Grady, analista di mercato della A.G. Edwards).

"Tutti sanno che la
vera ragione della belligeranza statunitense non è il programma
nucleare iraniano, ma la decisione di lanciare una borsa petrolifera in
cui il petrolio sarebbe commerciato in euro anziché in dollari
statunitensi... Il mercato del petrolio romperà il dominio del dollaro
e condurrà ad un declino dell'egemonia statunitense sul mondo" (Igor
Panarin, politologo russo).

Nottetempo, la storia della borsa
petrolifera iraniana si è infilata nella stampa mainstream esponendo le
vere ragioni dietro l'attuale ostilità di Washington verso Teheran.
Fino ad ora, gli analisti hanno ignorato l'importanza dell'imminente
borsa petrolifera come una teoria della cospirazione di sinistra su
internet indegna di ulteriore considerazione. Ora, la Associated Press
ha chiarito la questione dimostrando che una borsa petrolifera iraniana
"potrebbe condurre le banche centrali del pianeta a convertire in euro
alcune delle loro riserve in dollari, causando potenzialmente un
declino nella valuta del dollaro".
Attualmente, il mondo sta annegando
nei dollari: persino un piccolo spostamento potrebbe innescare una
recessione di massa negli Stati Uniti. Non c'è nulla di anche solo
remotamente "cospirativo" al riguardo. E' semplicemente una questione
di domanda ed offerta. Se la borsa petrolifera crea meno domanda per il
dollaro, di conseguenza la valuta del dollaro cadrà a picco, facendo
salire i prezzi dell'energia, delle case, del cibo e di altri beni
ancora.

Il petrolio è stato legato al dollaro sin dagli anni '70,
quando l'OPEC acconsentì ad esprimerlo esclusivamente in dollari.
Questo fornì agli Stati Uniti un monopolio virtuale che ha permesso
loro di mantenere enormi deficit senza paura di fermare gli aumenti dei
tassi. Come ha detto Bill O’ Grady della A.G.Edwards, "Se l'OPEC
decidesse di non volere più dollari, sarebbe la fine dell'egemonia
statunitense, in quanto il dollaro non sarebbe più l'unica valuta di
riserva".

"Se il dollaro perde il suo status come valuta di riserva
del mondo, questo costringerebbe gli Stati Uniti a finanziare in modo
massiccio il proprio deficit di bilancio gestendo un surplus
commerciale, che aumenterebbe l'inflazione". (Associated Press).

Non è
pensabile che gli Stati Uniti ottengano un surplus commerciale in tempi
brevi. Bush ha attaccato ferocemente il settore della produzione
appaltando a ditte estere 3 milioni di posti di lavoro e facendo
chiudere stabilimenti in tutto il paese.

Le sue miopi politiche di
"libero commercio" e gli enormi sgravi fiscali per i ricchi assicurano
che gli Statunitensi saranno lasciati ad affrontare costi dell'energia
alle stelle ed una valuta in iper-inflazione. Non c'è modo di
riorganizzarci abbastanza velocemente per "costruirci la strada" in
modo da uscire dal casino dei conti in rosso.

Attualmente, il debito
nazionale è un enorme 8.4 trilioni di dollari con un deficit
commerciale altrettanto atroce di 800 miliardi di dollari (7 % del
PIL). La doma nda del dollaro nel commercio petrolifero, sempre in
aumento! , è l'unico fattore che ha impedito al dollaro di capitolare a
terra. Persino una piccola conversione in euro eroderà la valuta del
dollaro e potrebbe accelerare una svendita.

Attualmente, il petrolio è
venduto esclusivamente nella Borsa Petrolifera di Londra e nella Borsa
Internazionale di New York, entrambe possedute da investitori
statunitensi. Se la borsa iraniana apre, le banche centrali del pianeta
ridurranno le loro riserve di dollari per mantenere una parte della
loro valuta in euro. Questo è un passo logico per l'Europa, che compra
il 70 % del petrolio iraniano. E' anche una scelta ragionevole per la
Russia, che vende due-terzi del proprio petrolio all'Europa ma
(sorprendentemente) continua ad esprimere quelle transazioni in
dollari.

Washington è riuscita a mantenere il suo monopolio solo
sostenendo i regimi più corrotti e repressivi negli Stati del Golfo. La
scelta più prudente, per l'Arabia Saudita, sarebbe lasciare il dollaro,
indebitato fino al coll o, e migliorare i suoi guadagni con il ben più
forte euro. Purtroppo, lo Zio Sam ha una pistola puntata alla loro
testa. Capiscono che una tale transazione inviterebbe la stessa
risposta che ha avuto Saddam 6 mesi dopo essersi convertito agli euro,
destituito con la missione "colpisci e terrorizza".

Grazie ad una
spesa sconsiderata, i tagli alla tasse che pesano sul budget e il
sorprendente aumento nelle riserve di denaro (la Federal Reserve le ha
raddoppiate in soli dieci anni) il dollaro si è diretto verso la
discarica. Cina e Giappone (che possiedono 1.7 trilioni di dollari in
valuta e titoli statunitensi) si stanno gradualmente allontanando dal
dollaro in direzione dell'euro (nonostante la Federal Reserve abbia
impedito all'opinione pubblica di conoscere l'estensione dei danni,
trascurando la pubblicazione M-3 sugli afflussi di capitale). La Banca
Centrale Europea (BCE) e la banca centrale del Giappone stanno cercando
disperatamente di evitare la probabilità di un collasso del dollaro
emettendo dichiarazioni attentamente formulate per dissipare le paure
dell'opinione pubblica mentre si preparano ad un ritiro "ordinato".

Ma
non sarà "ordinato". Il dollaro ha perso il 5 % contro l'euro a partire
da aprile e sta calando velocemente. La borsa iraniana potrebbe essere
la scossa finale che spingerà il dollaro oltre il limite. Questa è la
dura lezione per quelli che scelgono di ignorare i fondamenti
dell'economia e costruiscono la loro casa sulla sabbia. Paul Volcker ha
anticipato questo scenario in un discorso del 2005, quando disse che
gli squilibri del bilancio erano più grandi di quanto avesse mai visto
e predetto: "una possibilità del 75 % di un crollo del dollaro nei
prossimi 5 anni".

Volcker aveva ragione, ma il consigliere economico
Peter Grandich lo ha riassunto persino meglio quando ha fatto notare:
"L'unico a non sapere che il dollaro Usa è morto... è il dollaro Usa".

Mike Whitney
Fonte: http://www.informationclearinghouse.info/
Link:
http://www.informationclear inghouse.info/article12960.htm
07.05.2006

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di CARLO MARTINI

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