lunedì 11 dicembre 2006

Urlo

 

----- Original Message -----


Sent: Sunday, December 10, 2006 7:06 PM

Subject: urlo



                           COMUNICAZIONE DI UN MORITURO, PER I CAMERATI CHE ABBIANO CUORE E ORECCHIE

                            PER INTENDERE

 

    Questa non è una delle tante "lettere aperte", nè un "contributo al dibattito", nè l'espressione di un punto di vista. E' l'urlo di rabbia e di esasperazione, l'equivalente di un cazzotto il faccia o di un calcio nel culo, sferrato con tutti i sentimenti da uno che, come il sottoscritto Rutilio Sermonti, di anni 85, si è battuto  tutta la vita, non contro il nemico, come avrebbe voluto, ma in grande prevalenza contro la balordaggine o la malafede degli "amici".

    Non ce l'ho con tutti voi, è chiaro: solo con alcuni, pochi, ma che , non di meno, sono riusciti a vanificare ogni anelito di riscossa dei migliori e dei più,  ogni volontà di lotta, ogni sforzo positivo, ogni fedeltà, ogni sacrificio, persino di giovani vite. Non faccio nomi. Chi legga queste mie righe, interroghi la propria coscienza, e saprà se merita di essere incluso nella nefasta categoria. Questo, a dirla fuori dei denti, si chiama tradimento, e al punto in cui siamo arrivati, sono sempre più restio a concedere l'attenuante della buona fede. Qualcuno viene a dire che il tristo  fenomeno sarebbe "umano", ma è segno che, costui  nutre un'opinione assai scadente dell' Uomo, che gli fa definire "umano" quello che per noi è vile, e "sovrumano" quel che per noi è proprio di un autentico Uomo, per cui onore=fedeltà.

    Non ci può essere ormai alcun dubbio che la nostra è l'unica idea politica che merita tale nome. Le altre, TUTTE le altre, non sono che elucubrazioni intellettualistiche su  ammuffiti filosofemi, che in passato, quando erano "fedi", hanno infestato il mondo con la loro astrattezza, e oggi sono solo vecchie etichette ingiallite applicate su contenitori di immondizie. La nostra, allorchè si cominciò ad attuarla, trasformò in dieci anni l'"Italietta" mandolinista e accattona nella nazione invidiata da tutto il mondo.

    Per chi, anzichè starsene a ponzare e polemizzare davanti a un computer, tra quattro mura, si sposta continuamente tra le più diverse piccole realtà del nostro ambiente, non ci può essere dubbio che la nostra è l'unica idea politica che può contare su un fiorire continuo di iniziative militanti, che coinvolgono decine di migliaia di giovani dalle Alpi alla Sicilia, senza soldi, senza mezzi, senza alte protezioni, alimentate solo dalla fede. Quelli tra loro che si sono aggregati a "partitini" ansiosi di cimentarsi in astuzie elettorali (tutte clamorosamente fallite), sono una piccola minoranza. Tutti gli altri hanno ormai voltato le spalle agli aspiranti non Microduce ma Microgiolitti, e operano come possono, soprattutto a livello di formazione. Essi sono encomiabili, ma è  uno spreco mostruoso di capacità e di energie, che, se fossero coordinate e impiegate razionalmente, con una strategia unica, svilupperebbero un potenziale attivo inimmaginabile. Ma, anche così com'è, una cosa dimostrano chiaramente: che il famoso Fascismo, di cui si continua a proclamare l'avvenuto decesso, condito con le balle diffamatorie più fantasiose, non solo è più vivo che mai, ma è l'unica idea rimasta viva, mentre tutte le altre se l'è digerite il mondialismo finanziario e il suo emetico umanitarismo a senso unico. E quello è paranoia, non idea politica.

    Una cosa sola manca, dalla nostra parte: l'unità. E questo è così evidente che nessuno osa nemmeno negarlo. Solo che, quando si tenta di fare un passo concreto in quella direzione, non si riesce ad andare oltre a una dichiarazione d'intenti. Saltano fuori mille riserve, mille incomprensioni, mille incompatibilità, mille polemiche, mille antipatie personali. Si cerca il pelo nell'uovo per escludersi a vicenda, a base di pettegolezzi, dietrologie e "impurità" ostative. E l'iniziativa unificante resta asfittica o si lascia cadere.

    Tutto ciò è degradante e falso. Basta frequentare un certo numero delle comunità militanti , maggiori o minori, ascoltare il battito di quei giovani cuori, per accorgersi come, pur non essendo esse intercomunicanti, l'impostazione e lo "schieramento", rispetto a ciascuno dei dilemmi e dei conflitti che affliggono questo schifo di "mondo moderno" è sicuro e unanime, più di quanto una qualsiasi disciplina di partito abbia mai potuto garantire. L'atmosfera che si respira in esse, gli "umori" che vi circolano, le figure storiche di riferimento, il "linguaggio" e lo stile usati sono assolutamente identici. Ed è logico che sia così, perchè quella che ci accomuna NON E' UN' IDEOLOGIA, MA UN MODO DI ESSERE,  e chi E' in un modo non può che reagire all'unisono con gli altri della medesima sostanza.. Si è visto l'otto settembre, quando uomini e donne, giovani e vecchi, civili e militari della nostra "razza" obbedirono a un ordine superiore, prima ancora che esso fosse dato.

    Ma allora, se l'unione è rigorosamente necessaria e urgente; se esiste (al dilà di tutti i bizantinismi) un comune sentire che di tale unione è la solida base, che stiamo a fare, come tanti idioti, a inseguirci la coda intorno ognuno al suo piolo ?Come si spiega l'assurda situazione? Come si può realizzare l'esortazione di Dante: "Uomini siate, e non pecore matte - sì che il Giudeo di voi, tra voi, non rida!" ?

   Perdonatemi se, qui, lascio da parte il linguaggio "intellettuale", e uso il rozzo parlare che tra noi vigeva quando avemmo il privilegio di impugnare un'arma. La causa, io credo, è la prassi democratica, che, anche se in teoria la neghiamo, pur adottiamo bigottamente anche tra noi, e che, come anche i più fessi dovrabbero aver capito, porta ad emergere un determinato tipo umano. Precisamente gli "esponenti" che, ai tempi del poco compianto MSI, badavano solo a difendere dai concorrenti le loro fortune politiche personali,  e oggi si sono travasati nella fogna badogliesca di AN, e ora che-per i residui "camerati"- le fortune scarseggiano, stanno attaccati come cozze alla loro seggiola di "leaders" di quattro gatti, spiando l'occasione fortunata per fare il colpo. Costoro si pavoneggiano nella qualifica di "puri" per non aver accettato l'abiura finiana, ma, nella migliore ipotesi,  non se la sentono di rinunziare a fare a modo loro, a loro assoluto arbitrio,  e di dover confrontarsi anche con altri. Non sono disposti alla necessaria mutazione della loro qualità di piccoli capi, con quella di membri "inter pares" di una direzione collegiale, che sarebbe certo il primo necessario passo. Ci starebbe, certo, ognuno di loro,  all'agognata "unità", purchè fosse lui a dirigerla, con suoi insindacabili criteri!  Dopo anni di critiche , polemiche e scomuniche reciproche tra gruppetto e gruppetto, non se la sentono proprio di mettersi umilmente al livello degli altri, per operare finalmente insieme. E' chiaro, però, che così non si cava un ragno da un buco, e continueremo giulivi a fare i capponi di Renzo, mentre gli "altri" seguiteranno indisturbati a banchettare con la nostra Patria, a svenderla a prezzo fallimentare e a fare del già popolo italiano un torpido branco di maiali da ingrasso per i festini altrui, secondo il compitino che è stato loro assegnato sessant'anni or sono.

    Nessuna animosità personale contro nessuno. Alcuni colpevoli sono, individualmente, miei amici. Ma, davanti al bene supremo a cui milioni di uomini hanno sacrificato la vita, davanti alla missione che dà senso e luce alla nostra esistenza, non conta amicizia, e la "comprensione" è sprecata. E io invito espressamente tutti i camerati di base all'ammutinamento.

Il vostro dovere, proprio di fedeltà, è di porre i vostri dirigenti che nicchiano, obbiettano e tergiversano con speciosi argomenti, con le spalle al muro: UNITA' A TUTTI I COSTI, O TI PIANTIAMO IN ASSO !

  Nessuno è perfetto, perdio ! A voler pretendere la perfezione, per l'ammissione, le panche resterebbero vuote. E poi, chi mai darebbe a questo o a quello il diritto di giudicare della perfezione altrui ? Chiunque sia pronto all'unione, e cioè a sacrificare la propria autonomia all'imperativo di una conduzione unica, e accetti alcuni punti fondamentali, che tutti ben conosciamo, e che segnano l'inesorabile spartiacque tra noi e il nemico di sempre (ma chi non li accetta, non è pronto all'unione con noi) DEVE ESSERE ACCOLTO A BRACCIA APERTE.

  Dopo, una volta realizzata l'unità organizzativa e gerarchica, e istituito l'organo di controllo con precisi ed ampi poteri, sarà il momento del rigore, affinchè ogni accenno  di degenerazione simile a quelle passate sia stroncato nella culla, Ma l'esistenza di un organo del genere per ognuno dei cento e cento gruppi e gruppuscoli che popolano la famosa "area", e con pretesa di giudicare anche gli altri, equivale a masturbarsi e nient'altro. Oggi, il rigore deve portarci soltanto ad espellere ogni perplessità, ogni chiusura, ogni riserva mentale, ogni sottigliezza "ideologica", e a fare finalmente il gran passo. Vi sono dei rischi, d'accordo. Ma non è certo a fermarsi davanti al rischio, che i nostri Padri ci hanno insegnato, dico bene ?

   Siamo chiari. nulla di grande è mai stato fatto nella storia, senza un capo. E nessuna battaglia è mai stata vinta. Ma (checchè ne pensino i democratici), il capo non si può eleggere a maggioranza. Egli emerge dalla lotta, dove le qualità umane vengono tese al massimo. Non dai dibattiti, dalle polemiche o dalla dialettica, e tanto meno dalle "urne".

   Ma, d'altro canto, un esercito atto alla lotta non può mettersi insieme senza un capo, o almeno è difficilissimo, ed esige una eccezionale tensione spirituale di tutti.

   Questo è il tremendo circolo vizioso che dobbiamo essere capaci di spezzare. E l'unica risorsa, partendo da innumerevoli componenti,  è surrogare inizialmente il capo, vertice della piramide gerarchica, con una direzione collegiale. Ma, attenzione ! Se ogni gruppo componente pretendesse di avere in essa almeno un rappresentante, e poichè le dimensioni dei detti gruppi sono molto diverse, i gruppi maggiori e più autorevoli pretenderebbero una rappresentanza maggiore, e così facciamo -dio ci salvi !- un parlamento di centinaia di "rappresentanti", del tutto inefficiente come tutti i parlamenti del mondo ! E poi, chi "pesa" i singoli gruppi ? E gli aderenti individuali, spesso gente significativa, chi li rappresenta ?

   Conclusione: levarsi del tutto dalla testa l'idea che l'organo collegiale supremo abbia carattere "rappresentativo". I componenti di esso, non più di una decina, devono essere scelti soltanto in base alle qualità personali,  senza alcun riguardo al gruppo di provenienza.  Ma questo esige nel designarli la tensione spirituale cui accennavo,  il senso profondo del dovere, e soprattutto la totale assenza di mentalità "democratica" e l'unico scopo di giovare alla Causa.

   Guardiamoci in faccia, o camerati, giovani o meno giovani: siamo o non siamo noi gente di tal fatta ? Siamo o non siamo gli uomini del nuovo ciclo ?Perchè i casi sono due: o lo siamo, e allora, come dice la canzone, è assolutamente certo che "il domani appartiene a noi"; o non lo siamo e non siamo diversi dalle pecore del gregge democratico, e allora non vedo proprio perchè stiamo a perdere tempo in cento convegni e discussioni: mettiamoci l'anello al naso e andiamo a ingorgare il traffico con la "massa".

   Che gente siamo, è il momento di dimostrarlo ora coi fatti.

   A noi !                                                                                          Rutilio Sermonti

 

 

 

 

  





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